Centinaia di famiglie a rischio – L’Arcivescovo torna ai cancelli delle fabbriche in crisi per portare la vicinanza della comunità cristiana e invitare le forze del territorio a fare rete contro chiusure e delocalizzazione. Il 12 novembre Nosiglia si è recato all’Olisistem di Settimo, domenica 17 sarà a La Loggia
«Sono molto preoccupato per questa nuova ondata di crisi aziendali che si sta abbattendo sull’area metropolitana torinese, in cui sembra mancare una strategia dello sviluppo fondata sul lavoro; per queste ragioni abbiamo bisogno dell’apporto di tutte le forze affinché si ricostruisca una visione per il futuro di questo territorio». Così mons. Cesare Nosiglia, martedì 12 novembre a Settimo durante il suo intervento all’ assemblea dei lavoratori dell’Olisistem, ha spiegato il perché – come è già accaduto per l’Ex Embraco e numerose altre aziende in crisi – ha deciso di tornare a portare la solidarietà della chiesa torinese ai lavoratori che temono per il proprio futuro e per quello delle loro famiglie.
Accompagnato da Alessandro Svaluto Ferro, direttore dell’Ufficio della pastorale sociale e del lavoro della diocesi e da don Antonio Bortone, moderatore dell’Unità pastorale di Settimo, l’Arcivescovo ha incontrato i rappresentanti dell’azienda a cui ha chiesto rassicurazioni sui ventilati tagli di personale, una folta rappresentanza dei lavoratori e dei delegati sindacali riuniti in assemblea.
All’incontro, a cui ha partecipato anche il sindaco di Settimo Elena Piastra, i dipendenti hanno illustrato all’Arcivescovo il rischio occupazionale che corre l’Olisistem, impresa di servizi che ha tra i principali committenti Banca Intesa e partecipate pubbliche impiegando 400 sistemisti, informatici, addetti a call center.
L’azienda settimese, che ha già subito in passato dissesti per mal gestione, vive un’altra stagione di difficoltà finanziarie che, insieme alla perdita di alcune commesse nel settore delle telecomunicazioni, rischia un riassetto-spezzatino con tagli di personale. Di qui la mobilitazione del coordinamento sindacale della Fim Cisl dopo l’annuncio di crisi dell’amministratore unico per evitare la fine di una società che ha solo bisogno di essere ben amministrata, come ha sottolineato mons. Nosiglia che si è impegnato a incontrare i vertici di Banca Intesa perché vengano riconfermate le commesse.

Gli appuntamenti con i lavoratori in difficoltà proseguiranno domenica 17 novembre quando mons.Nosiglia incontrerà i lavoratori della Mahle, azienda dell’automotive che ha annunciato 400 esuberi, presso i locali della parrocchia di La Loggia. Seguirà la Messa comunitaria a cui parteciperanno i dipendenti e le loro famiglie. «Sono consapevole che non spetta alla Chiesa la soluzione dei problemi» spiega l’Arcivescovo «ma la comunità cristiana intende rendersi vicina alla drammatica esperienza che questi lavoratori e le loro famiglie stanno vivendo per ascoltare, confrontarsi e dare un segno di speranza.
Mentre la crisi finanziaria degli scorsi anni sembra alle spalle, il lavoro nel nostro territorio continua a mancare: non passa giorno che non ci sia un annuncio di un’impresa in bilico. Ed è mio preciso dovere, per quello che è nelle mie facoltà, invitare chi ha responsabilità nei confronti dei lavoratori a mettersi in rete perché le crisi si possano risolvere».
Pubblichiamo di seguito l’intervento integrale di mons. Nosiglia pronunciato durante l’assemblea dei lavoratori dell’Olisistem di Settimo Torinese, martedì 12 novembre.
Cari amici, sono venuto qui tra voi per esprimervi tutta la mia vicinanza e solidarietà per la situazione difficile che state vivendo in questi mesi. Si dice che se le fatiche vengono condivise, anche quelle più drammatiche, diventano più «leggere» e sopportabili. Vivere da soli produce tristezza e depressione, soprattutto nei momenti più bui.
Sono venuto per condividere le vostre fatiche e portarmi a casa un po’ delle vostre preoccupazioni. Queste diverse crisi che si accendono nel nostro territorio rischiano di interpellare solo le persone e le organizzazioni coinvolte.

l lavoro, un tempo, avrebbe aggregato e fatto scendere in piazza migliaia di persone. Oggi appare solamente tra i fatti di cronaca, senza suscitare un movimento collettivo in grado di dare rappresentanza ed essere ascoltato e proporre soluzioni.
Da diversi anni mi ritrovo ad ascoltare le situazioni di aziende che stanno vivendo acuti momenti di crisi, creando disoccupazione e disagio sociale e depauperamento del territorio. Non possiamo accettare, come comunità cristiana e civile, in silenzio e con rassegnazione questa prospettiva. Non possiamo accettare che la cultura del «profitto per il profitto» incrini l’identità sociale di un territorio. A tutto ciò serve reagire per allontanare la paura e il disorientamento.
Da più parti mi giungono richieste di intervenire per un sostegno verso le famiglie, i cui membri si trovano sull’orlo della disoccupazione e non hanno per il futuro garanzie di ricuperare il posto di lavoro perduto o sono in procinto di perderlo. Si tratta di situazioni che ormai sono quotidiane e riguardano anche aziende di dimensioni non piccole, che, per ragioni di bilancio, decidono la delocalizzazione degli impianti produttivi o riducono il personale o addirittura chiudono. L’economia deve recuperare la sua anima, altrimenti le scelte saranno sempre orientate da criteri spesso in contrasto con le esigenze delle persone. Infatti in alcuni settori e comparti dell’economia, specie quello dei servizi in cui vivete voi, le persone sono semplicemente un fattore produttivo da riallocare.

So bene come la vostra situazione spesso somigli più a un lavoro in cui conta esclusivamente il risultato e la prestazione. Non è un’economia che può fare bene alle persone e alla società. Le ragioni che si adducono per queste scelte sono molteplici e riguardano diversi aspetti del mercato, dell’economia e della crisi in atto nel Paese e in Europa. La comunità cristiana non può restare indifferente a queste situazioni quando incidono in modo grave e devastante sulla vita delle famiglie, sul futuro dei giovani e sulle prospettive di un futuro sereno e garantito di lavoro sul territorio. Tra le situazioni che ho potuto toccare con mano (compresa la vostra) vedo un filo rosso comune (nonostante si tratti di storie diverse e ragioni differenti): le scelte e le decisioni prese in «alto» influiscono drammaticamente sulla vita delle persone, senza che queste possano reagire efficacemente a ciò che altri hanno deciso e senza poter partecipare. Non c’è cosa peggiore che decidere sopra le teste altrui per lasciarle nello smarrimento, nel senso d’impotenza che i fenomeni relativi all’economia oggi ci impongono.
Avere l’idea o la sensazione di non poter far nulla è il sentimento peggiore che possa accompagnare la vita umana. Voi mi avete raccontato la storia di questa azienda e della sua ultima fatica che rischia di mettere a repentaglio la vita di 400 persone. Mi avete raccontato le vicissitudini di questi anni e soprattutto di questi ultimi mesi, dove una società che presta servizi ad altre realtà del mondo del lavoro rischia di venire meno del proprio lavoro per scelte poco chiare e poco etiche. Non tocca alla Chiesa certo indicare soluzioni concrete al riguardo, ma richiamare con forza tutte le parti in causa a fare ogni sforzo, con responsabilità, per superare queste situazioni e ritrovare la via di uno sviluppo che salvaguardi il bene più prezioso, che è l’uomo che lavora e la sua famiglia. Si tratta di un impegno che viene prima d’ogni altro aspetto economico, pure importante, e che esige la massima solidarietà da parte di tutte le forze del lavoro interessate: imprenditori, sindacati, lavoratori, istituzioni, comunità civile ed ecclesiale. Intanto, però, è necessario che si affrontino con efficacia i singoli casi di crisi come il vostro con prospettive più rispettose dei diritti dei lavoratori e delle loro famiglie e con strategie di lungo respiro, che permettano di favorire modalità e scelte che non lascino a casa nessuno dei lavoratori in difficoltà. Il lavoro è un diritto fondamentale di ogni persona e risponde a valori di giustizia e di dignità di cui ciascun cittadino abbisogna e di cui deve poter usufruire. Non c’è bisogno di sottolineare quanto lo spettro della disoccupazione ferisca nel profondo le persone, non solo perché fa venire meno uno strumento di sussidio economico, ma perché toglie identità personale e sociale, minando la dignità di ogni persona umana.
Vi assicuro che la Chiesa di Torino e il suo vescovo sono pronti a fare la loro parte, non solo con l’appoggio morale, ma anche con ogni altro mezzo a nostra disposizione per dare un concreto sostegno a voi lavoratori e alle vostre famiglie. Le comunità cristiane, i parroci e gli organismi ecclesiali saranno dunque attenti e disponibili a sostenere sempre il cammino della giustizia e della solidarietà unendo le proprie forze a quelle di tutti coloro che, con buona volontà e responsabilità, si prodigano per affrontare le situazioni difficili, favorendo il dialogo tra le parti e la ricerca di soluzioni appropriate alle concrete necessità delle persone, che dal lavoro traggono il necessario e indispensabile sostentamento per sé, per la propria famiglia e i propri figli. Ringrazio le organizzazioni sindacali con le quali da anni collaboriamo per riflettere del futuro di Torino.
A loro va tutto il mio sostegno; so quanto oggi sia difficile fare questo mestiere che, se praticato con dedizione e passione, rischia di diventare un martirio quotidiano perché spesso disprezzato e fatto in condizioni culturali ostili. Alla comunità cristiana di Settimo (so che oggi in mezzo a noi ci sono anche diversi parroci, che ringrazio per la loro presenza) chiedo di affiancare la Olisistem e i suoi lavoratori in questa battaglia per la dignità e la cittadinanza. Non fate mancare loro affetto e sostegno. Chiedo ai sacerdoti in particolare di farsi presenti nel mondo del lavoro, in mezzo ai tanti lavoratori che frequentano le nostre parrocchie sul territorio.

Questa mia presenza qui oggi vuole infatti aprire una nuova strada di rinnovata relazione tra la Chiesa e il lavoro, una relazione spesso spezzata o poco coltivata. Forse qualcuno potrebbe obiettare: «Ma questo vescovo, che cosa viene a dirci? Vada in parrocchia!». No, il mondo del lavoro è il mondo che ho imparato a conoscere e amare fin dalla mia infanzia, quando mio padre lavoratore della Piaggio di Sestri Ponente dovette stare a casa disoccupato per diversi mesi a causa di una crisi aziendale. L’ho ritrovato a Roma e a Vicenza, quando forti crisi di imprese mi hanno condotto a farmi presente e vicino a tante famiglie in difficoltà e l’ho ritrovato a Torino in occasione delle crisi purtroppo non ancora concluse della ex Embraco e della Comital e lo ritroverò domenica prossima nell’incontro con gli operai dalla Mahle di La Loggia.
Sono molto preoccupato per questa nuova ondata di crisi aziendali che si sta abbattendo sull’area metropolitana torinese, in cui sembra mancare una strategia dello sviluppo fondata sul lavoro; per queste ragioni abbiamo bisogno dell’apporto di tutte le forze affinché si ricostruisca una visione per il futuro di questo territorio.
Cari amici, vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato e per avermi permesso di conoscere meglio la vostra situazione e di passare qualche momento insieme. Vi prego di portare il mio saluto e la mia benedizione alle vostre famiglie e ai vostri figli in particolare. Voglia il Signore, difensore dei deboli e promotore di giustizia per chiunque è nel bisogno, sostenere la ricerca di efficaci e rapide soluzioni alle situazioni che sembrano irreversibili, ma che invece possono trovare con il suo aiuto e con l’apporto solidale di tutti una positiva e stabile soluzione.
+ Cesare NOSIGLIA, Arcivescovo di Torino