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L’informazione ai tempi della guerra contro il Covid

Per il sociologo e politologo Luca Ricolfi il caso più clamoroso di incomprensione dell’aritmetica dell’epidemia rilanciata dai media nazionali è la cosiddetta immunità di gregge

<Immunità di gregge? Solo i media ancora ci credono, ma  raggiungerla è impossibile: la comunità scientifica lo sa da marzo>. La drastica affermazione è del sociologo e politologo Luca Ricolfi. Esperto di analisi dei dati l’ha rilanciata in tv, intervenendo alla trasmissione <Quarta Repubblica>, una frase ad effetto che si riferisce però ad una sua riflessione più ampia, pubblicata all’inizio di settembre dalla Fondazione Hume di cui è il fondatore (www.fondazionehume.it). Nel tratteggiare i limiti di come i media, in particolare quelli nazionali e i Tg, hanno trattato le notizie sul Covid, in  tempo di guerra. <Perché questo è successo – spiega lo studioso – alla fine del 2020 l’Italia, come ogni altra nazione europea, ha dichiarato ufficialmente guerra al virus. E, nello stato di guerra, tutto cambia. La popolazione è chiamata a cooperare allo sforzo bellico, e chi è nella condizione di vestire la divisa (i maggiorenni) è tenuto ad arruolarsi (vaccinarsi). Chi rifiuta di farlo è considerato un disertore, chi non partecipa alla campagna di arruolamento, o lo fa esprimendo qualche riserva, viene visto come un disfattista. I media principali sono chiamati a dare il loro contributo a vincere la guerra che è stata dichiarata. Non era mai successo, dalla fine della seconda guerra mondiale, ossia dall’ultima guerra vera scoppiata in Europa>.  Ma non sempre i media hanno assolto il loro ruolo.  Per Ricolfi  <Il caso più clamoroso di incomprensione dell’aritmetica dell’epidemia è appunto  quello della cosiddetta immunità di gregge. Uno degli argomenti più ripetuti a favore della vaccinazione di massa è che, grazie ad essa, raggiungeremo l’immunità di gregge. L’argomento è spesso accompagnato da percentuali-obiettivo, tipo “dobbiamo vaccinare almeno il 70% degli italiani”, e dalla tesi secondo cui – proteggendo una certa percentuale della popolazione – anche i non vaccinati risulterebbero protetti (una curiosa applicazione del concetto di free rider)>.

Luca RICOLFI

Ma questi argomenti spiega Ricolfi  non sono semplicemente fuorvianti, sono del tutto errati. <Intanto non è vero che, raggiunta la percentuale che garantisce l’immunità di gregge, i vaccinati proteggono anche i non vaccinati. Con il virus originario ci sarebbe bastato vaccinare 2/3 della popolazione, con la variante alpha (sopraggiunta nell’inverno 2020-2021) avremmo dovuto vaccinare l’80% della popolazione, con la variante delta (divenuta prevalente nella primavera del 2021) dovremmo vaccinare l’87.5% della popolazione. L’obiettivo è chiaramente irraggiungibile, a meno di imporre l’obbligo vaccinale e abbassare ancora un po’ l’età minima dei vaccinabili>. Lo studioso allo ipotizza: <supponiamo di farlo e che, con le buone o con le cattive, si riesca a vaccinare il 95% della popolazione. Basterebbe a spegnere l’epidemia? La risposta è no, perché la formula dell’immunità di gregge vale per i vaccini sterilizzanti, che immunizzano completamente chi si vaccina. Il che vuol dire: chi si vaccina non può infettarsi, né trasmettere il virus ad altri.

Tutto questo è perfettamente noto agli specialisti e, dopo un articolo apparso su “Nature” nel 2021, è ormai dato per scontato nella letteratura scientifica. Nella comunicazione pubblica invece no, si continua a alimentare l’illusione che, se ci vaccineremo tutti, potremo usufruire dell’immunità di gregge. Il tutto in un’epoca in cui non si fa che parlare di precision journalism, computer assisted reporting, data journalism, fact checking, eccetera eccetera. Forse c’è qualcosa che non va>.