Centosessanta anni fa, il 7 dicembre, all’indomani dell’Unità d’Italia, in una Valle apparentemente isolata, nasceva quello che è il periodico nazionale più vecchio del Piemonte e il terzo in Italia, dietro le due Gazzette di Parma e di Mantova. Questa lunga storia è raccontata in un libro di centosessanta pagine, una per ogni anno del giornale, con la presentazione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che lo definisce: “Un giornale di idee”. Chi ha tenuto saldamente il timone di questo lungo viaggio tra le pagine, che ha conosciuto procelle, calma piatta, incagliamenti, rischi di naufragio, riuscendo ad approdare all’appuntamento di questi centosessant’anni, è Lorenzo Del Boca, l’attuale direttore della Stampa Diocesana Novarese.
Questa gloriosa testata non ha conosciuto interruzioni: nacque nella Varallo liberale con l’obiettivo di essere: “Organo di informazione, ma siamo soprattutto organo di formazione”, per abituare i valsesiani a leggere gli avvenimenti in modo critico, si proposero anche di dar conto di cosa succedeva nel resto del mondo, anticipando il “glocal” dei nostri giorni. La triade dei fondatori: Regaldi, Montanaro, Calderini, era l’espressione di una “aristocrazia” dello spirito, che individuava nella cultura il fattore che avrebbe contribuito a far “crescere” i cittadini di una Valle che aveva dato i natali a personaggi illustri nell’arte, nelle lettere e nella scienza.
Subì nel 1884 una prima scissione con la fondazione del Gaudenzio Ferrari, che pubblicò per dieci anni, lasciando poi il posto al Corriere Valsesiano, che debuttò nel 1895. Nel 1903 il giornale fu acquistato dal vulcanico Canonico Vincenzo Brunelli, che gli diede un’impronta di cattolicesimo militante. I lettori scoprirono un mondo nuovo: le parrocchie della Valle attraverso cronache apparentemente scarne, diventarono protagoniste all’interno delle Comunità. Nel ventennio fascista il Monte Rosa sopravvisse utilizzando per la testata il sottotitolo, Gazzetta della Valsesia: “Taceremo sino a quando la verità, tutta la verità potrà essere detta perché dire la verità a mezzo è inganno, tradire la verità”. Come un fiume carsico continuò il dialogo con i lettori. Dopo la guerra Padre Enrico Allovio traghettò il giornale dagli anni difficili dalla seconda Guerra Mondiale alla Liberazione. La nascita della Repubblica, l’impegno dei Padri Costituenti, un’Italia che voleva “recuperare”, le forti contrapposizioni ideologiche, il comunismo avvertito come pericolo incombente, ribollivano dalle pagine. Don Gaudenzio Fusi, insegnante e parroco di Civiasco, dal gennaio 1953 comparve nel colophon come direttore del Monte Rosa. Nel 1954 la nascita della Stampa Diocesana inserì il Monte Rosa nei settimanali cattolici diocesani che erano: “La voce della diocesi, vincolo di unità, di concordia e strumento di apostolato”. Il vulcanico Direttore, Don Giuseppe Cacciami costruì una casa comune ricca di ambienti personalizzati.
Don Giuseppe Marcodini, insegnante e parroco di Crevola, redattore responsabile, accompagnò il Monte Rosa negli anni della contestazione giovanile, rafforzò la rete dei corrispondenti, mantenne il giornale come espressione di: “Una voce di democrazia”, come lo definì uno dei suoi collaboratori più assidui, il professor Alberto Bossi. Dal 17 febbraio 1996 alla tradizionale edizione sulla carta si affiancò una edizione elettronica: la SDN era passata in Internet. Il Monte Rosa nel 2017 si vestì di nuovo: tutto a colori. Nel gennaio 2020 Lorenzo Del Boca fu chiamato alla direzione e avviò un dialogo con il lettore: “Cronache a 360 gradi, capaci di registrare le voci del vescovo e delle comunità ecclesiale, ma anche interessate a carpire gli umori di una società laica che, per definizione, si caratterizza per un’incessante evoluzione di modi e di costumi”.
Per scelta nel volume “Un secolo e 60 anni di Monte Rosa” non ci sono note, né bibliografia: l’obiettivo era raccontare una lunga storia, offrendo uno strumento di conoscenza agile, accattivante, che ricordasse ai lettori di oggi le tante figure di uomini che ormai appartengono alla Storia. Lo stesso rispetto e la stessa attenzione sono stati tributati a tutti i cronisti e corrispondenti che hanno contribuito a far vivere il giornale, rendendolo un vero strumento di Comunità, un ospite settimanale atteso, che avrebbe portato non solo notizie, ma anche pensieri, riflessioni, contribuendo a mantenere il senso di una Comunità, anche quando questa si è allargata territorialmente. La Stampa Diocesana rappresenta l’unità nella diversità, la singolarità nella molteplicità: il giornale conservò l’impostazione dei fondatori, adeguandola ai modi e ai tempi del presente, mantenendo un ruolo di formazione ed opinione, sul filo di quel pensiero giornalistico territoriale nato in una sera d’autunno sull’allea di Varallo.
Il volume è stato presentato sabato 13 novembre al Centro Congressi della Città di Varallo, con la presenza del Vescovo, Mons. Franco Giulio Brambilla, del Vicario Generale della Diocesi di Novara, Don Fausto Cossalter, del Presidente della Società Editrice, Gianfranco Quaglia, del Direttore dei settimanali diocesani, Lorenzo Del Boca, del Vicepresidente Fisc (Federazioni italiana settimanali cattolici) Chiara Genisio, Direttore, Agd- Agenzia Giornali diocesani Piemonte.

Il padrone di casa, Eraldo Botta, Sindaco di Varallo e Presidente della Provincia di Vercelli, ha voluto che questo importante “compleanno” si aprisse con due marce suonate dalla Banda Musicale Città di Varallo, una tra le più antiche istituzioni cittadine, nata nel 1818. Sono intervenuti il prevosto di Varallo, Don Roberto Collarini, che ha letto il messaggio inviato da don Gianluigi Cerutti, vicario episcopale per la Valsesia e nuovo Parroco di Borgosesia, l’Assessore alla Cultura dell’Unione dei Comuni Montani, Attilio Ferla, due consiglieri regionali che rappresentano il territorio: Angelo Dago e Federico Perugini, che nei loro interventi hanno sviluppato le parole del Presidente Mattarella, che ha definito la stampa locale: “Carta assorbente, testimone dei fatti nel trascorrere dell’esistenza di ogni comunità, essenziale veicolo di democrazia e un formidabile specchio davanti al quale un territorio può interrogarsi sulle proprie sorti”.
In chiusura le parole del Direttore: “Grazie ai nostri lettori che continuano a sostenerci leggendo il Monte Rosa: noi continueremo a dimostrare che siamo in edicola non per caso”.