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Torniamo a Camminare insieme

50 anni della lettera pastorale del Card. Pellegrino

Nella storia del Sermig l’incontro con il Cardinal Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino dal 1965 al 1977, segna l’inizio. Dico sempre che ci ha riconosciuti prima ancora che noi sapessimo chi eravamo e ringrazio continuamente Dio di essere un suo figlio spirituale e che il Sermig abbia avuto la sua impronta.

Era professore autorevole di patristica, studioso, all’apparenza severo, ma si è rivelato un pastore per tutto il popolo di Dio, pastore di tutti: i piccoli e i poveri, i giovani con la loro ricerca di autenticità, gli adulti con le complessità della vita, i lontani dalla Chiesa. Chi lo avvicinava imparava a chiamarlo semplicemente “padre” e la sua era una vera paternità spirituale, sempre pronto ad ascoltare, a compatire, a partecipare alla fatica della gente, sempre serenamente fermo e gioioso, pronto a comprendere le ragioni di tutti senza venir meno alle esigenze del Vangelo, con la franchezza dell’amico.

È stato così per tanti che hanno vissuto quegli anni ed è stato così anche per noi che sotto il suo magistero siamo passati da gruppo a comunità, abbiamo vissuto la vocazione e cercato di capire cosa vuoi dire essere sale e lievito nella Chiesa: abbiamo così scoperto la mondialità dei problemi, abbiamo imparato ad essere dei cristiani 24 ore su 24. Ci ha insegnato l’amore alla Chiesa, a vivere le beatitudini, a la forza della preghiera, la bellezza della condivisione.

La Camminare insieme (8 dicembre 1971) ha segnato non solo la diocesi ma la Chiesa tutta. Negli anni in cui si assaporava la novità del Concilio ha saputo ripartire dalla base e coinvolgere tutto il popolo di Dio nella lettura dei segni dei tempi, compito che spetta a tutta la comunità cristiana, in comunione con i vescovi, e in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, per attivare tutte le trasformazioni sociali, politiche, economiche necessarie.

I giovani, i laici, credenti e non credenti (e non solo), si sentivano finalmente protagonisti e portatori di novità. Da questo clima di confronto e di ascolto, dalla lettura della fatica di una Chiesa che si confrontava con problematiche sociali nuove e complesse, padre Pellegrino aveva indicato come ambito di azione della pastorale diocesana, tre valori: povertà, libertà, fraternità. Tre valori «riconosciuti e ampiamente proclamati» ma «nella pratica spesso dimenticati, sia nei rapporti tra persone sia nelle strutture sociali». Questi valori hanno sempre segnato la mia vita e le scelte del Sermig, come di molti altri nati e cresciuti in quell’epoca.

Mi piace ricordare una frase della Camminare insieme sulla libertà come dovere: «Usarne per rivendicare il diritto di operare secondo il dettame della coscienza senza assoggettarci alle pretese di chi voglia imporci arbitrariamente le sue scelte senza averne l’autorità. Usarne per parlare e operare con sincerità e franchezza vincendo il rispetto umano e andando contro corrente se la coscienza ce ne impone il dovere».

Anche il richiamo alla povertà, risuona attuale. Povertà come scelta cristiana individuale: È necessaria una radicale revisione della mentalità ancora largamente dominante, secondo cui ognuno è padrone dei propri averi e ne fa quello che vuole», richiamo del Concilio stesso a tutti i credenti. Povertà come lotta contro la miseria materiale e morale, per la salvezza integrale dell’uomo, ma anche come scelta di una vita povera, che non punta al possedere, che non si basa sul consumismo, ma pone speranza in Cristo e nel Vangelo: «L’amore e la pratica della povertà è per la Chiesa condizione essenziale per l’adempimento della sua missione» e poi «La povertà dev’essere vissuta nello spirito di solidarietà verso i fratelli, in modo particolare verso i bisognosi» per testimoniare fratellanza evangelica. È necessario che la Chiesa faccia scelte di povertà e che sia vigile nel denunciare ogni forma di potere che opprime i poveri, per essere pienamente nel Vangelo.

Ed infine la fraternità, anzitutto tra noi credenti, nella Chiesa: «È necessario superare una mentalità individualistica che rende difficile il dialogo e la collaborazione», iniziare a viverla questa fraternità nel piccolo, «nei piccoli gruppi che saranno chiamati ad essere poi il fermento della massa» per realizzare una fraternità universale.

In questo tempo, mentre Papa Francesco apre le consultazioni del Sinodo della Chiesa Italiana e ci chiede di tornare a camminare insieme, incontrandoci, ascoltandoci, comprendendo, leggendo i segni del tempo, iniziando dal basso, è significativo non solo ricordare la Camminare insieme, ma rileggerla, farne uno strumento di lavoro, confrontarci ancora con il suo pensiero, almeno noi che siamo nati con lui.