Siamo tutti alla ricerca del vero». Una frase importante che è risuonata in un’aula del Dipartimento di scienze matematiche del Politecnico di Torino all’inizio dell’incontro di sabato 15 aprile, un incontro organizzato, certo in una sede un po’ insolita, per discutere della teologia e del suo rapporto con la scienza. A pronunciarla è stata il prof. Mauro Gasparini, direttore di quello stesso Dipartimento, di fronte ad un folto pubblico che non è riuscito a starci tutto nell’aula preparata per l’incontro; sono stati circa 120, infatti, i partecipanti (di cui circa un terzo collegati online, anche da altre parti d’Italia).
Tutti alla ricerca del vero, dunque: in quel «tutti» c’erano soprattutto i due mondi che, storicamente parlando, non sempre hanno avuto dei rapporti cordiali e frequenti: quello della scienza e quello della teologia. Al complesso rap-
porto tra teologia e scienza era stato infatti dedicato il secondo numero del 2021 della rivista Archivio teologico torinese, espressione della nostra Facoltà teologica. Ma nell’incontro al Politecnico c’è stato anche un altro aspetto un po’ inedito: la voce della comunità valdese, presente attraverso il Centro culturale protestante e uno dei docenti della Facoltà teologica valdese di Roma; si è così venuta a creare un’occasione, anch’essa non frequente, di dialogo
tra il frutto del lavoro della nostra Facoltà teologica e il pensiero valdese contemporaneo. Alcuni dei membri che hanno lavorato al numero della rivista e all’organizzazione dell’incontro fanno poi parte di un’altra realtà – il Nuovo Sefir (Scienza e Fede sull’interpretazione del reale) – che è un gruppo a livello italiano che promuove appunto il dialogo tra il mondo della scienza e quello della teologia.
L’incontro è iniziato con la presentazione degli obiettivi e dei cont e n u t i di quel numero della rivista Archivio te-
ologico torinese da parte di uno dei suo curatori, don Ferruccio Ceragioli. Dopo aver ricordato le varie fasi che storicamente ha avuto il rapporto tra teologia e scienza, è stato sottolineato come le riflessioni presentate nella rivista si inseriscano nella nuova fase emersa negli ultimi anni nel rapporto tra le affermazioni teologiche e quelle delle scienze: superata la fase dello scontro e quella della separazione, si è oggi nella ricerca di nuove possibilità di incontro che nascono da reciproche invasioni di campo, perché non regge più la rigida separazione dei confini. In particolare, Ceragioli ha sottolineato come oggi la teologia si senta sempre più interessata ad un confronto con le scienze: il ‘come’ il mondo è, oggetto delle investigazioni scientifiche, non è indifferente per quel ‘perché’ il mondo
è, che era tradizionalmente riconosciuto come l’apporto proprio della teologia. Oggi però la teologia ha preso mag-
giore consapevolezza che il ‘come’ della creazione ci parla in realtà del come Dio abbia voluto il mondo e dunque, seppur indirettamente, ci dice in realtà qualcosa anche su Dio stesso. In particolare, Ceragioli ha provato ad esemplificare uno dei campi più nuovi e promettenti del dialogo, legato agli stimoli che la meccanica quantistica ha dato alla teologia per l’interpretazione della realtà: oggi abbiamo compreso di essere inseriti in un mondo in cui
tutto è interconnesso e tutto è in evoluzione, un mondo, dunque, che non ha una storia deterministicamente predeterminata, ma che contiene in sé la possibilità del nuovo e della libertà. La teologia deve quindi riflettere sul volto del Dio che ha dato origine a questo mondo: i risultati della scienza ci aiutano a pensare a un Dio che desidera e ama un mondo in cui non tutto è determinato a priori, un mondo che almeno in parte è capace di farsi da sé, un mondo in cui c’è spazio per la libertà delle sue c r e a t u r e .
Ceragioli ha concluso commentando il titolo di quel fascicolo della rivista della nostra Facoltà teologica: «La teologia provocata dalla scienza», augurandosi che anche la scienza possa sentirsi provocata dalla teologia.L’invito è stato subito raccolto dal primo dei due relatori principali della mattinata, che ha introdotto il folto pubblico in un mondo
piuttosto insolito per chi studia teologia: quello delle neuroscienze. Con molta chiarezza il prof. Filippo Tempia, del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Torino, ha offerto alcune considerazioni sulla libertà umana a partire dagli esperimenti che negli ultimi decenni sono stati condotti sui movimenti volontari. Tempia ha tenuto presente nel suo discorso come spesso il mondo della teologia sia diffidente verso questi studi, che sembrano arrivare a dire che in realtà non esista la libertà umana e quindi ne- anche il giudizio morale. Infatti, se – come è successo neifamosi esperimenti di Libetè stato dimostrato che l’area cerebrale che agisce sui miei movimenti inizia ad attivarsi alcune frazioni di secondo prima che io diventi consapevole ed effettivamente compia un certo movimento, parrebbe che i miei atti non siano ascrivibili ad una mia scelta volontaria, quanto piuttosto ad una attività neuronale che mi ‘precede’. Tempia, però, dopo aver messo in luce i limiti di quegli esperimenti, ha anche parlato di risultati neu-roscientifici più recenti che hanno portato a considerare come il giudizio morale di una persona non sia legato solo all’area della razionalità, ma anche ai processi emotivi e all’intuizione.
Oggi si inizia a pensare che le aree del pensiero razionale e quella emotiva si attivino insieme quando si tratta di compiere un giudizio morale, per cui la stessa scienza ha raggiunto una visione più ampia sulla libertà umana.
Il secondo relatore, il prof. Fulvio Ferrario della Facoltà valdese di teologia, ha offerto ai presenti una riflessione sull’uomo a partire non dalla scienza, ma dalla antropologia cristiana. Attraverso l’enunciazione di cinque tesi, ha provato ad offrire – anche su piste diverse da quelle proposte negli articoli della rivista della nostra Facoltà teologica – uno sguardo generale su come oggi l’antropologia cristiana possa ridire, in dialogo con la scienza, l’essenziale della sua proposta: che, cioè, l’uomo sia innanzi tutto definito dal suo rapporto con Cristo e dall’offerta di quello che Ferrario ha chiamato il gratuito, cioè l’offerta di grazia di Dio che raggiunge quell’uomo su cui anche la scienza indaga.
Secondo Ferrario, la teologia non aggiunge nulla né integra la descrizione scientifica dell’umano: il suo compito
è di offrire una riflessione sulla vera specificità dell’umano, che è la relazione con Dio, dono gratuito della sua
grazia. La teologia, dunque, non ‘aggiunge’ qualcosa alla descrizione dell’umano elaborata dalla scienza: è piut-tosto la proposta di un orizzonte di gratuità, per cui la teologia non colma le lacune della scienza, ma offre – per
dirla con le categorie di E. Jüngel – ciò che è «più che necessario». L’espressione vuole sottolineare che la teologia abita uno spazio di realtà che da un certo punto di vista non è necessario (come possono essere per esempio nella vita umana le dimensioni della bellezza o dell’a- more), ma che nello stesso tempo non è qualcosa di arbitrario; ciò che è «più che necessario» è il gratuito, quella grazia che giunge a noi in Gesù Cristo. Anche Ferrario, quindi, si è schierato dalla parte del dialogo con la scienza: bi- sogna prendere sul serio la pluralità dei piani della realtà, che richiede una interpretazione stratificata; ed in questa interpretazione globale dell’uomo e del mondo la teologia ha qualcosa da offrire.
I molti stimoli offerti dai due relatori hanno dato spazio ad un ampio dibattito, introdotto da uno sguardo sulla meccanica quantistica offerto ai presenti dal gesuita padre Gabriele Gionti, della Specola Vaticana, che è stato anche uno degli autori del numero di Archivio teologico torinese che ha dato origine alla mattinata al Politecnico.
Una mattinata che è terminata nel modo migliore conalcune proposte, offerte da Giandomenico Boffi, direttore di Nuovo Sefir, e da un altro docente del Politecnico, il prof. Francesco Malaspina, per continuare il dialogo con altri incontri che mettano in dialogo la teologia e la scienza attorno a quell’umano che è stato il protagonista di tutti
i discorsi che sono stati fatti.
Se tutti siamo alla ricerca del vero, solo con un dialogo a più voci possiamo pensare di giungere a conoscere qualcosa in più della realtà; scienziati e teologi hanno bisogno gli uni degli altri e allora anche un sabato mattina passato insieme al Politecnico ci aiuta a fare dei passi in avanti sulla strada della verità.
Fonte La Voce e il Tempo