L’alluvione a Faenza due mesi dopo. I segni sono visibili: la montagna, con i segni di ferite profonde nel verde delle colline e nelle strade interrotte; la città, con tante case vuote, ingrigita dal fango polveroso che si sta asciugando lentamente; i territori, in cui l’acqua non è ancora del tutto defluita; tutti i Comuni della Diocesi colpiti. In queste settimane il vescovo della Diocesi di Faenza-Modigliana, mons. Mario Toso, ha compiuto una visita in questi territori per far sentire la vicinanza della Chiesa alle comunità ecclesiali e civili e per rendersi conto personalmente del disastro. In una intervista al settimanale diocesano il Piccolo il Vescovo subito sottolinea che sono emersi tanti segni di speranza. <Non sono mancate lacrime di commozione nei volti della gente non solo per quanto perso, ma soprattutto per la consapevolezza dell’aiuto ricevuto dai numerosi giovani volontari, vera “alluvione” di amore che ha contribuito a salvare le nostre famiglie e la nostra terra. Le grandi sfide e i grandi ideali non sono lontani dal cuore dei giovani! Vanno stimolati, accompagnati e “iniziati” alla tenuta nel tempo>, ha rimarcato.
Nella sola Faenza l’alluvione ha colpito direttamente 12mila persone. Le frane hanno cambiato la morfologia del territorio. <Nominato il commissario non possiamo pensare che i problemi delle nostre comunità siano risolti. Non bastano interventi emergenziali, pur necessari. Serve uno sguardo di lungo periodo. La duplice alluvione ha prepotentemente sollecitato la riconsiderazione del rapporto dell’uomo con l’ambiente anche alla luce del cambiamento climatico>, puntualizza il Vescovo.
Di fronte all’emergenza abitativa ricorda che <fin dalla prima fase dell’emergenza, la Diocesi ha accolto in proprie strutture e in locali di proprietà ecclesiastica persone, famiglie e comunità, anche grazie alla collaborazione di parrocchie e di enti ecclesiastici. Per contribuire a lenire le sofferenze e per concorrere alla ripresa della vita di persone e comunità la Diocesi ha costituito alcune equipe che si occupano di sostegno psicologico e di recupero di unità abitative; ha attivato un canale per inviare richieste di abitazione e per la messa a disposizione di immobili per persone alluvionate; ha reso disponibile nell’immediato alcuni appartamenti pronti per l’ospitalità e ne sta allestendo altri con il generoso contributo di istituti di credito e di imprese. Inoltre, con le risorse disponibili la Diocesi cerca di venire incontro alle esigenze di quanti, oltre ad avere persona la casa, sono anche in difficoltà per il lavoro>.
L’invito pressante è quello che <finalmente si faccia propria la categoria di ecologia integrale proposta dall’enciclica Laudato Si’ di papa Francesco. È sempre più evidente che per una nuova pianificazione del territorio, ovviamente secondo le esigenze post-alluvionali, serve un approccio, come dicono gli esperti, che si avvalga di molteplici discipline, armonizzate attorno al perno di un’ecologia umana. È necessaria anche l’etica, che finalizza le attività umane al bene comune e che evita l’assolutizzazione del profitto. L’ecologia ambientale ha bisogno dell’ecologia umana>.
E infine uno sguardo alle immagini di tanti giovani sporchi di fango,<l’alluvione è stata molto importante per responsabilizzare i giovani, spesso etichettati negativamente in maniera impropria. Con la loro operatività generosa e spontanea hanno dato una forte testimonianza di solidarietà e di vicinanza al Vangelo, a quel Vangelo che ci propone il Buon Samaritano come modello di aiuto all’umanità fragile e ferita. Veri e propri angeli del fango. Questa vicinanza alla gente e per la gente, in particolare agli anziani, ha rappresentato un momento forte di preparazione alla prossima Giornata mondiale della gioventù>.