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Sono giovani “nuovi”

Una riflessione del responsabile della pastorale giovanile della Cei a pochi giorni dalla GmG di Lisbona

Torna la GMG e questa volta il sapore del ritorno è particolarmente intenso: dall’ultima Gmg per noi accessibile (Cracovia 2016) sono passati sette anni. Non era mai successo che ci fosse un lasso di tempo così lungo e questo ci ha fatto avvicinare all’esperienza con il timore che non fosse più attraente. Sicuramente avremo perso una o due generazioni; non solo a causa di questa lunga attesa, ma anche per tutto ciò che è successo nel frattempo. È importante sapere che siamo di fronte a giovani “nuovi”: lo sono sempre, questo è scontato. Ma questi sono diversi dai loro predecessori, perché vengono da un periodo segnato e accentuato dal cambiamento d’epoca che alcune cose hanno decisamente accelerato.

La pandemia, anzitutto. Un’esperienza inattesa che i giovani non hanno ancora finito di pagare: la loro salute mentale ne risente e questo li rende più fragili, incerti di fronte a quel futuro verso il quale tutti siamo stati proiettati con entusiasmo perché rappresentava l’alba della vita adulta. La pandemia li ha tenuti a distanza, ha mostrato loro l’inedito di relazioni nuove che hanno costretto all’uso della tecnologia non solo per il tempo libero. È nato il metaverso ed è esplosa l’intelligenza artificiale: argomenti di cui sentivamo parlare fino a pochissimi anni fa, ma di cui non avevamo percezione. Le relazioni rimangono un mistero: da una parte ne abbiamo così bisogno che la velocità e la quantità che la tecnologia favorisce, sembra essere la risposta nuova. Ma dall’altra abbiamo un disperato bisogno di lottare contro il magnetismo che tiene i nostri occhi incollati agli schermi, per tornare a guardarci negli occhi e ritrovare la forza dello sguardo, del corpo, delle parole dette e ascoltate, delle mani che si stringono, del calore dei gesti. Questa Gmg obbligherà la maggior parte dei giovani a salire sui pullman e a sobbarcarsi giorni di viaggio. Una fatica, certo, ma saranno giorni benedetti se chi li accompagna saprà animare il viaggio sfruttandolo come occasione di incontro.

È il tempo della crisi ambientale ed è la prima volta che una Gmg si svolge in un continente che sente di avere una guerra aperta in casa. Due temi che chiedono di essere elaborati attraverso quella fraternità a cui papa Francesco sta richiamando tutti ormai da anni. Caduto il muro di Berlino e chiusa la guerra fredda, si sono aperti scenari che non hanno portato a condizioni di pace: il mercato libero si è trasformato nella dittatura del consumo e della finanza. Quanto fu profetico Giovanni Paolo II nel richiamare allora i rischi del capitalismo! La corsa all’accumulo di beni e allo sfruttamento di risorse non può certo fare ricchi tutti: come sempre accade, sono pochi quelli che finiscono per concentrare su di sé le ricchezze, cioè i prepotenti più ricchi. Ma la cultura quella rimane per tutti: prendi ciò che vuoi, sfrutta ciò che ti pare. L’esperienza della Gmg andrebbe sfruttata anche per rigenerare nel cuore dei giovani la fiducia negli altri, la consapevolezza che dipendiamo gli uni dagli altri, l’estremo bisogno di riconoscere nell’altro il fratello e aprirsi alla spesa di sé stessi.

Infine, il tema della Gmg si richiama all’annotazione di Luca che descrive Maria mentre si alza in fretta per recarsi in visita alla cugina Elisabetta. L’incontro fra le due donne ci rimanda all’urgenza di tornare a condividere la fede riconoscente per ciò che Dio opera ogni giorno nella nostra vita. Il destino del Vangelo non è più rinchiuso in ambienti che bastavano a sé stessi: uscire è movenza indispensabile per non chiudere la fede dentro gli angusti spazi del proprio sentire. Se la fede non si fa incontro e narrazione di esperienze personali, se non si traduce nell’impegno di una nuova umanità, rischia davvero di soffocare in atteggiamenti intimistici che tranquillizzano le pratiche di pietà, ma non incidono sulla vita di tutti. La Gmg è un grande laboratorio di incontro: culture, lingue, provenienze diverse che aprono il cuore alla comprensione dell’esistenza stessa. A patto che ci si impegni ad aprire gli occhi e le orecchie, che si faccia scendere nel cuore questa grande esperienza di condivisione per coltivare la sapienza evangelica.

I giovani, come sempre, sanno sorprendere. Il numero dei partecipanti italiani è di nuovo un numero inatteso: nonostante le premesse difficili, saranno tantissimi i giovani italiani che parteciperanno. Nessuno ha una capacità di coinvolgimento così grande, nessuno porta all’estero decine di migliaia di persone come riesce a fare il mondo ecclesiale. È segno di una vitalità che ancora esiste, è segno che quando la vita pastorale non si lascia abbattere dalle avversità, si crea movimento: molti dicono che l’incontro degli adolescenti dello scorso anno a Roma è stato un grande volano a ciò che si sta per vivere. Penso che sia vero, soprattutto nella misura in cui si tracciano itinerari, si pongono mete intermedie per scandire cammini educativi che non si concentrino tanto sugli eventi in sé, quanto sulla possibilità di utilizzarli come strumenti per la crescita di ciascuno.

Questa è indicazione per ciò che verrà dopo. Noi adulti abbiamo spesso la tentazione di vedere subito dei risultati. Di solito i giovani che tornano da una Gmg non sono in grado di cambiare la vita delle nostre comunità in due giorni. C’è bisogno di depositare l’esperienza e farla maturare: gran parte delle conseguenze di ciò che i ragazzi vivranno, accadrà nel tempo e avrà ricadute a lungo termine.

Ma non è nemmeno giusto sperare che tutto questo accada senza fare nulla. Raccogliere l’entusiasmo di un viaggio, aiutare i ragazzi a non disperdere ciò che hanno vissuto, metterli in condizione di essere lievito nella quotidianità della vita ecclesiale, sarà responsabilità creativa di chi li ha convocati e accompagnati.

Fonte: #Vita Pastorale – direttore don Antonio Sciortino