Due italiani su tre sono pronti al cambiamento tecnologico. E’ partito da questa considerazione Alessandro Scalcon, Senior Researcher SWG, nella presentazione del suo studio su come gli italiani si stanno approcciando all’intelligenza artificiale. L’occasione è stata la 1° edizione di W3A FORUM: “Oltre l’AI. Le imprese e la sfida del Web 3.0” organizzata a Milano dal consorzio Web3 Alliance.
Dall’indagine risulta che l’autostima digitale è in calo rispetto al 2018. Senior e ceti fragili sono più impreparati all’impatto delle nuove tecnologie. Il 36% si dichiara totalmente impreparato al cambiamento, il 53% abbastanza, l’11% molto e il 6% per niente. Tra coloro che sono pronti l’80% è laureato, tra chi è più impreparato il 47% ha più di 55 anni, e il 48% è poco istruito.
Circa l’80% ha già sentito parlare di intelligenza artificiale, qualcuno in meno (71%) conosce la realtà virtuale, scende al 39% chi sa cosa sono i Nft (non-fungible token” i certificati digitali), ancora meno (37%) che cosa è il Blockchainn (un modo per registrare delle transazioni condivise tra più nodi di una rete).
Sulle possibili ricadute dell’IA i giovani sono più fiduciosi, ma negli ultimi mesi crescono i timori, soprattutto tra le frange vulnerabili della popolazione.
L’applicazione dell’IA nel lavoro divide gli italiani: uno su due ritiene che ci rimetteremo.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale è già realtà o c’è la disponibilità ad usarla. I giovani sono più aperti per l’utilizzo nella formazione e attività ludiche, gli adulti nella gestione della casa e delle scadenza/appuntamenti, monitorare la salute e nello svolgere mansioni di lavoro per chi opera nel settore intellettuale.
Frena l’dea di non essere protagonisti, persiste il timore sull’inaffidabilità delle informazioni e sui dati personali.